Giosefatte Tallarico nacque agli inizi dell'800 a Panettieri. La sua casa, ubicata nel centro storico del paese esiste ancora oggi.
Il giovane Giosafatte, aveva inizialmente studiato per diventare prete e poi farmacista, ma fu una vicenda familiare a segnare la sua vita e inevitabilmente il suo destino. Durante gli studi di farmacista, mentre si trovava nel laboratorio di Gaetano Rimola a Cosenza, un suo compaesano gli portò una notizia terribile per quell'epoca: sua sorella era stata sedotta e abbandonata da un signorotto, Luigino Speradei. Giosefatte ritornò precipitosamente a Panettieri con l'intenzione di risolvere la faccenda proponendo un matrimonio riparatore. Al rifiuto del seduttore, secondo il modo di pensare del tempo, a Giosefatte non restava altro che lavare con il sangue l'onta subita dalla sua famiglia e così uccise lo Speradei sul sagrato della chiesa una domenica mattina. Questi fatti avvenivano intorno al 1820, quando nei piccoli paesi calabresi la legge e il governo avevano pochissima influenza e ogni cittadino provvedeva da sé a vendicarsi dall'ingiurie e a difendersi.
Dopo l'uccisone, a Giosefatte non restò che darsi alla fuga nel territorio silano, tra le province di Catanzaro e Cosenza e diventare brigante. La sua attività durò per molti anni, prima di essere deportato a Ischia dove visse gli ultimi anni della sua vita da galantuomo. Molte sono le sue gesta da brigante e ogni aneddoto o fatto è caratterizzato dal senso di attenzione verso i deboli; egli infatti prendeva ai ricchi e ai forti per dare ai poveri e ai deboli.
Giosefatte fu un brigante solitario e rappresentò il prototipo del brigante buono e generoso, che lotta contro i soprusi e le prepotenze. Per la sua posizione a favore dei deboli conquistò la simpatia del popolo.
Egli vive ancora oggi nella memoria collettiva del suo paese e dei paesi vicini, come il vendicatore dei torti e il romantico difensore dei deboli.